Con l’Atto di indirizzo per il conseguimento degli obiettivi di politica fiscale degli anni 2021-2023 il Ministero dell’Economia e delle Finanze ha raccomandato ai direttori del dipartimento delle Finanze, alle Agenzie fiscali e alla Guardia di Finanza di elaborare strategie che consentano di conoscere i flussi degli investimenti in Bitcoin e nelle altre criptovalute. L’invito del Ministero dell’Economia e delle Finanze mettere sotto la lente di ingrandimento gli investimenti in Bitcoin e nelle altre criptovalute non rappresenta una innovazione del quadro normativo e ha raccolto un sostanziale consenso nel settore della ‘finanza decentralizzata’, comunemente conosciuta come criptofinanza.
Un ulteriore commento all’iniziativa del Mef è giunto da Marco Mottana, Ceo di CFX, società finanziaria inglese, che è entrata di recente nel mercato italiano. “Già oggi tutto è tracciato, non solo i portafogli blockchain ma anche i nominativi collegati ai portafogli – spiega Mottana - In tutto il mondo, con l’eccezione dei paesi offshore, gli exchange controllano i nominativi di chi apre un conto con la procedura Kyc, acronimo di know your customer (conosci il tuo cliente), un obbligo di legge per tutti gli agenti finanziari, non solo nel settore criptovalute. Di fatto sta già avvenendo un tracciamento globale degli investimenti in cripto, soltanto non è ancora stato trasferito alla parte fiscale; nel senso che in questo momento la fiscalità delle criptovalute è già stata definita però non viene tracciata o è molto difficile da tracciare da parte del regolatore italiano”.
“Rimane la problematica – conclude Marco Mottana – per gli investimenti all’estero: oggi è possibile per un italiano investire in Forex e anche in altri strumenti con intermediari esteri e chiaramente un broker estero non è tenuto ad effettuare ritenute fiscali, ma resta il fatto che ogni cliente deve attestare nella dichiarazione dei redditi i risultati ottenuti. È vero che la blockchain, sottraendosi all’intermediazione istituzionale, per sua natura rimane sconosciuta, ma per arrivare ad incassare le somme investite in valute tradizionali, cosidette fiat, i passaggi sono sempre obbligati e quindi si deve comunque passare da una banca per riottenere nel proprio portafoglio il denaro. In definitiva la probabilità di una potenziale omissione di tasse dal punto di vista dell’investitore privato è molto improbabile e poco significativa. Anzi, specificherei ‘piccolo investitore privato’, visto che invece le grandi case internazionali riescono a sfuggire alla maglia, potendo trasferire a loro piacimento anche cifre di rilevanti dimensioni”.
“Non è una novità – commenta Alessandro Toschi, consigliere nazionale di Italia4blockchain, associazione italiana per la conoscenza della blockchain e CEO di AM Advisor attiva nella consulenza in ambito FiunTech e Corporate Finance – che il settore della criptofinanza sia immaginato dal pubblico come un settore non trasparente nonché un potenziale serbatoio di evasione fiscale. Da parte noistra condividiamo l'attenzione del Ministero dell'Economia e delle Finanze e la riteniamo fondamentale nell'ottica di infondere una sempre maggiore trasparenza, che coinvolga anche, e soprattutto, aspetti legati alla "normale fiscalità".
Un ulteriore commento all’iniziativa del Mef è giunto da Marco Mottana, Ceo di CFX, società finanziaria inglese, che è entrata di recente nel mercato italiano. “Già oggi tutto è tracciato, non solo i portafogli blockchain ma anche i nominativi collegati ai portafogli – spiega Mottana - In tutto il mondo, con l’eccezione dei paesi offshore, gli exchange controllano i nominativi di chi apre un conto con la procedura Kyc, acronimo di know your customer (conosci il tuo cliente), un obbligo di legge per tutti gli agenti finanziari, non solo nel settore criptovalute. Di fatto sta già avvenendo un tracciamento globale degli investimenti in cripto, soltanto non è ancora stato trasferito alla parte fiscale; nel senso che in questo momento la fiscalità delle criptovalute è già stata definita però non viene tracciata o è molto difficile da tracciare da parte del regolatore italiano”.
“Rimane la problematica – conclude Marco Mottana – per gli investimenti all’estero: oggi è possibile per un italiano investire in Forex e anche in altri strumenti con intermediari esteri e chiaramente un broker estero non è tenuto ad effettuare ritenute fiscali, ma resta il fatto che ogni cliente deve attestare nella dichiarazione dei redditi i risultati ottenuti. È vero che la blockchain, sottraendosi all’intermediazione istituzionale, per sua natura rimane sconosciuta, ma per arrivare ad incassare le somme investite in valute tradizionali, cosidette fiat, i passaggi sono sempre obbligati e quindi si deve comunque passare da una banca per riottenere nel proprio portafoglio il denaro. In definitiva la probabilità di una potenziale omissione di tasse dal punto di vista dell’investitore privato è molto improbabile e poco significativa. Anzi, specificherei ‘piccolo investitore privato’, visto che invece le grandi case internazionali riescono a sfuggire alla maglia, potendo trasferire a loro piacimento anche cifre di rilevanti dimensioni”.