Milano – Vediamo dunque, grazie all’approfondita analisi elaborata dall’Osservatorio OPISAS - gruppo internazionale specializzato in portafogli residenziali con focus su immobili accessibili e già affittati esclusivamente negli USA che dal 2008 ha transato più di 3.800 proprietà, che cosa ci dicono veramente le più recenti informazioni sull’andamento economico degli Stati Uniti. Spoiler alert: il mercato residenziale USA supera le aspettative.
Recentemente molta attenzione è stata rivolta al dato legato alla proiezione annualizzata del secondo trimestre 2020 per il PIL (Prodotto Interno Lordo) USA, che risulta essere del 32,9% inferiore rispetto al medesimo valore dell’anno precedente.
Va da sé che, in particolare per i non addetti ai lavori o comunque per il grande pubblico, questa indicazione possa risultare poco chiara e di difficile contestualizzazione, generando perplessità.
Lo scopo di questo report è proprio cercare di fare un po’ di chiarezza sulla questione.
Il “-32,9%” relativo agli USA di cui tutti parlano adesso è la proiezione annualizzata del valore registrato per il secondo trimestre del 2020 e quindi rappresenta, innanzitutto, un’istantanea della situazione economica americana non attuale, ma tra i 5 e i 2 mesi fa.
Inoltre, per dirla in un altro modo: se il PIL USA seguisse l’andamento che ha avuto nel secondo trimestre del 2020 per 12 mesi, allora il valore che ne risulterebbe sarebbe del 32,9% inferiore rispetto al PIL dell’anno precedente.
Come rilevato anche da osservatori attenti ed autorevoli, per esempio la CNN, la contrazione non annualizzata del PIL USA tra aprile e giugno 2020 corrisponde, invece, ad una riduzione del 9,5% rispetto al medesimo periodo dell’anno precedente. Valori che sicuramente non lasciano indifferenti, ma che d’altro canto sono causa diretta delle misure anti COVID-19 adottate.
Per intenderci, il trimestre in questione è quello che comprende aprile, maggio e giugno e nel corso del quale sono state messe in atto le misure restrittive più dure e generalizzate per contrastare la pandemia da COVID-19. Queste misure, come in altre parti del Mondo, hanno portato alla sospensione forzata di interi settori produttivi con un effetto immediato sui consumi e sul PIL.
Grande scalpore hanno suscitato i dati USA, tanto da non cogliere cosa invece sta succedendo in altri sistemi-paese e quindi, paragonando le varie situazioni, trarre le debite conclusioni.
La pandemia di Coronavirus ha inferto un duro colpo all'economia della Germania e il PIL tedesco è sceso del -10,1% nel secondo trimestre del 2020, secondo gli ultimi dati economici diffusi.
Anche per l’Italia peggiorano le stime della Commissione europea sul 2020 funestato dal Covid: il Pil 2020 in Italia scenderà a -11,2%, il peggior calo dell'Unione. Dati che arrivano mentre l'Istat – il principale istituto statistico del paese, fotografa il dramma delle aziende italiane: il 38,8% è a rischio sopravvivenza. Nascosta in quest’ultima previsione dell’Istat c’è un altro dato da brividi che riguarda il lavoro in Italia: a fine 2020 in Italia infatti ci saranno 2 milioni di occupati in meno e 1 milione di inattivi in più che nemmeno cercano lavoro. Si tratta di un calo senza precedenti per il mercato del lavoro italiano riportando il paese ad un numero di occupati inferiore a quello dopo la crisi del 2008. E nonostante un certo recupero nell'anno successivo, a fine 2021, a due anni dall’epidemia di Coronavirus, l'Italia si ritroverà ancora con 1,1 milioni di posti di occupati in meno.
Al PIL di Spagna e Francia non va tanto meglio: rispettivamente -10,9% e -10,6%.
Se andiamo invece a vedere cosa succede nell’America Latina scopriamo che l’Argentina non è riuscita a pagare i circa $ 500 milioni di interessi sul suo debito obbligazionario, pagamento che era già stato posposto. È la seconda volta dal 2000 che il paese latinoamericano è di fatto in default.
Ritornando agli USA, invece, grazie alla loro economia così dinamica, dati storici alla mano, l’effetto è stato repentino come è da aspettarsi, e in parte si sta già verificando, lo sarà la ripresa.
Ad onor del vero, poi, va detto che molti esperti si aspettavano una contrazione annualizzata del PIL pari al 34,6% - anziché al 32,9% - per il trimestre in questione.
Quindi, per approfondire l’analisi, possiamo ragionevolmente partire da tre assunti:
- Si tratta di una contrazione ampiamente prevista.
- I dati reali, seppur di poco, sono migliori di quanto alcuni paventassero.
- Grazie alla sua dinamicità strutturale l’economia americana sembra rispondere meglio alla situazione contingente rispetto alla maggior parte delle economie occidentali.
La lettura del PIL annualizzata su un trimestre può quindi facilmente creare una percezione distorta, specie tra i non “addetti ai lavori”.
Il New York Times ha pensato bene di svolgere un servizio pubblico e venire incontro ai propri lettori proponendo un esempio concreto, che parafrasiamo qui di seguito: se al lavoro ricevi, oltre al salario mensile, un bonus da $ 500 una tantum, questo non si traduce in un incremento di reddito salariale di $ 6.000 all’anno”.
Situazioni eccezionali, come un bonus occasionale od il secondo trimestre del 2020, non vanno confusi insomma con tendenze o dinamiche di lungo termine.
La tenuta complessiva del sistema americano e le basi per la sua ripresa sono del resto già visibile da una serie di dati tra cui quelli divulgati dal BEA (Bureau of Economic Analysis, un’agenzia federale dipendente dal Ministero del Commercio USA che elabora statistiche macroeconomiche e di settore):
- Il reddito personale disponibile è aumentato di $ 1.530 miliardi, pari al +42,1%, nel secondo trimestre 2020, rispetto a un aumento di $ 157,8 miliardi, (3,9%) nel primo trimestre.
Appare dunque evidente come gli aiuti erogati dal governo abbiano contribuito a raggiungere l’obiettivo di mantenere (quando non addirittura incrementare) la “potenza di fuoco” dei consumatori americani, consentendo loro di pagare regolarmente gli affitti e di alimentare, con la ripresa dei consumi, il rilancio dell’economia atteso già nel corso del terzo e quarto trimestre 2020.
A proposito di consumi, un aspetto sul quale è molto importante soffermarsi è la composizione del famigerato 32,9% annualizzato. Infatti, come rilevato dalla MBA (Mortgage Bankers Association, l’associazione nazionale USA che rappresenta il sistema del credito immobiliare USA), l’elemento nettamente preponderante che concorre a formare tale valore è determinato da un crollo nei consumi nel periodo delle più drastiche misure di lockdown, pari a -25,1%.
Parimenti, risulta molto interessante rilevare come gli investimenti nell’immobiliare residenziale siano tra le componenti meno colpite, con “solo” -1,8% annualizzato. Questo valore negativo è intuitivamente attribuibile all’impossibilità per clienti ed agenti di visitare e mostrare abitazioni in tempi di misure restrittive.
Sempre la MBA solo tre settimane fa (15 luglio) si attendeva una situazione peggiore, con:
- Crollo del valore del PIL USA annualizzato sul secondo trimestre del 34,6% (contro il 32,9%).
- Crollo degli investimenti nel settore immobiliare residenziale, che invece non c’è stato (al contrario, come abbiamo visto poc’anzi è uno dei comparti che in assoluto ha retto meglio all’emergenza).
Inoltre, dal terzo trimestre del 2020 e per l’intero 2021, le proiezioni sia per il PIL USA che per il settore “investimenti residenziali” siano tutte positive, delineando un vero e proprio rimbalzo in linea con quanto avevamo già paventato a suo tempo con particolare riferimento alle previsioni positive per l’immobiliare USA.
Concludendo, riteniamo sia importante contestualizzare questi dati rapportandoli in particolare a ciò che sta succedendo nel mercato immobiliare residenziale USA e, perché no, con un occhio di riguardo al rapporto Dollaro/Euro e la contingente scena politica americana.
L’effetto combinato di sblocco delle transazioni immobiliari, tassi d’interesse al minimo storico, e cambiamenti comportamentali degli americani come reazione indiretta allo smart working stanno trascinando in alto le vendite, soprattutto di immobili residenziali esistenti, +21% a giugno.
Questo forte aumento della domanda si scontra con l’endemico problema di scarsità dell’inventario immobiliare targato USA. Anzi, la disponibilità di case in vendita è ulteriormente diminuita anche a causa del lockdown con un -18,2% anno su anno.
Una dinamica che vede l’aumento della domanda scontrarsi con la diminuzione dell’offerta non può che avere effetto anche sui prezzi che già a maggio hanno registrato un +4,9% a livello nazionale.
Per quanto riguarda invece il mondo delle locazioni, come abbiamo visto, la pioggia di aiuti federali, tra l’altro in fase di rinnovo, hanno mantenuto ben stabili sia i rendimenti che i pagamenti degli affitti. Difatti, a giugno il 95,9% degli affittuari a pagato l’affitto.
Inoltre, è da tenere in considerazione anche l’attuale andamento del cambio Dollaro/Euro. Prima di salire sulle montagne russe, per tutto il corso dell’anno 1 Dollaro valeva circa 0,90 Euro, ora siamo a 0,85 Euro per 1 Dollaro. Sembrano solo centesimi, ma facciamo un esempio concreto: se si fosse acquistato un immobile a 100.000 Dollari a gennaio 2020 sarebbe costato 90.000 Euro. Ora invece costa 85.000 Euro.
Infine, non dimentichiamoci che a novembre ci saranno le elezioni presidenziali negli USA. Come abbiamo visto nell’ultimo episodio di “Coffee with OPISAS”, questa scadenza con molta probabilità apre una finestra temporale da qui a novembre in cui le condizioni che abbiamo elencato qui sopra potrebbero rimanere stabili. Successivamente invece il cambio potrebbe piano piano invertire la rotta, per esempio.
In questo particolarissimo momento economico, quindi, almeno per quanto riguarda gli investimenti immobiliari nel mercato residenziale USA con rendita da locazione, stare alla finestra ad aspettare il ritorno alla normalità oppure il momento di rottura, può essere un gioco più rischioso di entrare in campo e cogliere le attuali opportunità d’investimento.
OPISAS è una realtà internazionale specializzata nella vendita e intermediazione di investimenti immobiliari negli Stati Uniti. È attiva dal 2008, quando la crisi dei mutui sub-prime ha creato le prime grandi occasioni di acquistare in blocco gli immobili a prezzi estremamente convenienti, rinnovarli e affittarli, per poi rivenderli agli investitori internazionali. Dal 2008 OPISAS ha acquistato e venduto oltre 3.800 proprietà facendo percepire ai suoi investitori 295 milioni di dollari in affitti incassati. Oggi è presente in 3 continenti con 18 uffici, 3.000 partner commerciali e 600 eventi organizzati.
OPISAS – Overseas Property Investment Solutions And Services
Tel.: 02 87188230
www.opisas.com
info@opisas.com
Skype: Opisas
Recentemente molta attenzione è stata rivolta al dato legato alla proiezione annualizzata del secondo trimestre 2020 per il PIL (Prodotto Interno Lordo) USA, che risulta essere del 32,9% inferiore rispetto al medesimo valore dell’anno precedente.
Va da sé che, in particolare per i non addetti ai lavori o comunque per il grande pubblico, questa indicazione possa risultare poco chiara e di difficile contestualizzazione, generando perplessità.
Lo scopo di questo report è proprio cercare di fare un po’ di chiarezza sulla questione.
Il “-32,9%” relativo agli USA di cui tutti parlano adesso è la proiezione annualizzata del valore registrato per il secondo trimestre del 2020 e quindi rappresenta, innanzitutto, un’istantanea della situazione economica americana non attuale, ma tra i 5 e i 2 mesi fa.
Inoltre, per dirla in un altro modo: se il PIL USA seguisse l’andamento che ha avuto nel secondo trimestre del 2020 per 12 mesi, allora il valore che ne risulterebbe sarebbe del 32,9% inferiore rispetto al PIL dell’anno precedente.
Come rilevato anche da osservatori attenti ed autorevoli, per esempio la CNN, la contrazione non annualizzata del PIL USA tra aprile e giugno 2020 corrisponde, invece, ad una riduzione del 9,5% rispetto al medesimo periodo dell’anno precedente. Valori che sicuramente non lasciano indifferenti, ma che d’altro canto sono causa diretta delle misure anti COVID-19 adottate.
Per intenderci, il trimestre in questione è quello che comprende aprile, maggio e giugno e nel corso del quale sono state messe in atto le misure restrittive più dure e generalizzate per contrastare la pandemia da COVID-19. Queste misure, come in altre parti del Mondo, hanno portato alla sospensione forzata di interi settori produttivi con un effetto immediato sui consumi e sul PIL.
Grande scalpore hanno suscitato i dati USA, tanto da non cogliere cosa invece sta succedendo in altri sistemi-paese e quindi, paragonando le varie situazioni, trarre le debite conclusioni.
La pandemia di Coronavirus ha inferto un duro colpo all'economia della Germania e il PIL tedesco è sceso del -10,1% nel secondo trimestre del 2020, secondo gli ultimi dati economici diffusi.
Anche per l’Italia peggiorano le stime della Commissione europea sul 2020 funestato dal Covid: il Pil 2020 in Italia scenderà a -11,2%, il peggior calo dell'Unione. Dati che arrivano mentre l'Istat – il principale istituto statistico del paese, fotografa il dramma delle aziende italiane: il 38,8% è a rischio sopravvivenza. Nascosta in quest’ultima previsione dell’Istat c’è un altro dato da brividi che riguarda il lavoro in Italia: a fine 2020 in Italia infatti ci saranno 2 milioni di occupati in meno e 1 milione di inattivi in più che nemmeno cercano lavoro. Si tratta di un calo senza precedenti per il mercato del lavoro italiano riportando il paese ad un numero di occupati inferiore a quello dopo la crisi del 2008. E nonostante un certo recupero nell'anno successivo, a fine 2021, a due anni dall’epidemia di Coronavirus, l'Italia si ritroverà ancora con 1,1 milioni di posti di occupati in meno.
Al PIL di Spagna e Francia non va tanto meglio: rispettivamente -10,9% e -10,6%.
Se andiamo invece a vedere cosa succede nell’America Latina scopriamo che l’Argentina non è riuscita a pagare i circa $ 500 milioni di interessi sul suo debito obbligazionario, pagamento che era già stato posposto. È la seconda volta dal 2000 che il paese latinoamericano è di fatto in default.
Ritornando agli USA, invece, grazie alla loro economia così dinamica, dati storici alla mano, l’effetto è stato repentino come è da aspettarsi, e in parte si sta già verificando, lo sarà la ripresa.
Ad onor del vero, poi, va detto che molti esperti si aspettavano una contrazione annualizzata del PIL pari al 34,6% - anziché al 32,9% - per il trimestre in questione.
Quindi, per approfondire l’analisi, possiamo ragionevolmente partire da tre assunti:
- Si tratta di una contrazione ampiamente prevista.
- I dati reali, seppur di poco, sono migliori di quanto alcuni paventassero.
- Grazie alla sua dinamicità strutturale l’economia americana sembra rispondere meglio alla situazione contingente rispetto alla maggior parte delle economie occidentali.
La lettura del PIL annualizzata su un trimestre può quindi facilmente creare una percezione distorta, specie tra i non “addetti ai lavori”.
Il New York Times ha pensato bene di svolgere un servizio pubblico e venire incontro ai propri lettori proponendo un esempio concreto, che parafrasiamo qui di seguito: se al lavoro ricevi, oltre al salario mensile, un bonus da $ 500 una tantum, questo non si traduce in un incremento di reddito salariale di $ 6.000 all’anno”.
Situazioni eccezionali, come un bonus occasionale od il secondo trimestre del 2020, non vanno confusi insomma con tendenze o dinamiche di lungo termine.
La tenuta complessiva del sistema americano e le basi per la sua ripresa sono del resto già visibile da una serie di dati tra cui quelli divulgati dal BEA (Bureau of Economic Analysis, un’agenzia federale dipendente dal Ministero del Commercio USA che elabora statistiche macroeconomiche e di settore):
- Il reddito personale disponibile è aumentato di $ 1.530 miliardi, pari al +42,1%, nel secondo trimestre 2020, rispetto a un aumento di $ 157,8 miliardi, (3,9%) nel primo trimestre.
Appare dunque evidente come gli aiuti erogati dal governo abbiano contribuito a raggiungere l’obiettivo di mantenere (quando non addirittura incrementare) la “potenza di fuoco” dei consumatori americani, consentendo loro di pagare regolarmente gli affitti e di alimentare, con la ripresa dei consumi, il rilancio dell’economia atteso già nel corso del terzo e quarto trimestre 2020.
A proposito di consumi, un aspetto sul quale è molto importante soffermarsi è la composizione del famigerato 32,9% annualizzato. Infatti, come rilevato dalla MBA (Mortgage Bankers Association, l’associazione nazionale USA che rappresenta il sistema del credito immobiliare USA), l’elemento nettamente preponderante che concorre a formare tale valore è determinato da un crollo nei consumi nel periodo delle più drastiche misure di lockdown, pari a -25,1%.
Parimenti, risulta molto interessante rilevare come gli investimenti nell’immobiliare residenziale siano tra le componenti meno colpite, con “solo” -1,8% annualizzato. Questo valore negativo è intuitivamente attribuibile all’impossibilità per clienti ed agenti di visitare e mostrare abitazioni in tempi di misure restrittive.
Sempre la MBA solo tre settimane fa (15 luglio) si attendeva una situazione peggiore, con:
- Crollo del valore del PIL USA annualizzato sul secondo trimestre del 34,6% (contro il 32,9%).
- Crollo degli investimenti nel settore immobiliare residenziale, che invece non c’è stato (al contrario, come abbiamo visto poc’anzi è uno dei comparti che in assoluto ha retto meglio all’emergenza).
Inoltre, dal terzo trimestre del 2020 e per l’intero 2021, le proiezioni sia per il PIL USA che per il settore “investimenti residenziali” siano tutte positive, delineando un vero e proprio rimbalzo in linea con quanto avevamo già paventato a suo tempo con particolare riferimento alle previsioni positive per l’immobiliare USA.
Concludendo, riteniamo sia importante contestualizzare questi dati rapportandoli in particolare a ciò che sta succedendo nel mercato immobiliare residenziale USA e, perché no, con un occhio di riguardo al rapporto Dollaro/Euro e la contingente scena politica americana.
L’effetto combinato di sblocco delle transazioni immobiliari, tassi d’interesse al minimo storico, e cambiamenti comportamentali degli americani come reazione indiretta allo smart working stanno trascinando in alto le vendite, soprattutto di immobili residenziali esistenti, +21% a giugno.
Questo forte aumento della domanda si scontra con l’endemico problema di scarsità dell’inventario immobiliare targato USA. Anzi, la disponibilità di case in vendita è ulteriormente diminuita anche a causa del lockdown con un -18,2% anno su anno.
Una dinamica che vede l’aumento della domanda scontrarsi con la diminuzione dell’offerta non può che avere effetto anche sui prezzi che già a maggio hanno registrato un +4,9% a livello nazionale.
Per quanto riguarda invece il mondo delle locazioni, come abbiamo visto, la pioggia di aiuti federali, tra l’altro in fase di rinnovo, hanno mantenuto ben stabili sia i rendimenti che i pagamenti degli affitti. Difatti, a giugno il 95,9% degli affittuari a pagato l’affitto.
Inoltre, è da tenere in considerazione anche l’attuale andamento del cambio Dollaro/Euro. Prima di salire sulle montagne russe, per tutto il corso dell’anno 1 Dollaro valeva circa 0,90 Euro, ora siamo a 0,85 Euro per 1 Dollaro. Sembrano solo centesimi, ma facciamo un esempio concreto: se si fosse acquistato un immobile a 100.000 Dollari a gennaio 2020 sarebbe costato 90.000 Euro. Ora invece costa 85.000 Euro.
Infine, non dimentichiamoci che a novembre ci saranno le elezioni presidenziali negli USA. Come abbiamo visto nell’ultimo episodio di “Coffee with OPISAS”, questa scadenza con molta probabilità apre una finestra temporale da qui a novembre in cui le condizioni che abbiamo elencato qui sopra potrebbero rimanere stabili. Successivamente invece il cambio potrebbe piano piano invertire la rotta, per esempio.
In questo particolarissimo momento economico, quindi, almeno per quanto riguarda gli investimenti immobiliari nel mercato residenziale USA con rendita da locazione, stare alla finestra ad aspettare il ritorno alla normalità oppure il momento di rottura, può essere un gioco più rischioso di entrare in campo e cogliere le attuali opportunità d’investimento.
OPISAS è una realtà internazionale specializzata nella vendita e intermediazione di investimenti immobiliari negli Stati Uniti. È attiva dal 2008, quando la crisi dei mutui sub-prime ha creato le prime grandi occasioni di acquistare in blocco gli immobili a prezzi estremamente convenienti, rinnovarli e affittarli, per poi rivenderli agli investitori internazionali. Dal 2008 OPISAS ha acquistato e venduto oltre 3.800 proprietà facendo percepire ai suoi investitori 295 milioni di dollari in affitti incassati. Oggi è presente in 3 continenti con 18 uffici, 3.000 partner commerciali e 600 eventi organizzati.
OPISAS – Overseas Property Investment Solutions And Services
Tel.: 02 87188230
www.opisas.com
info@opisas.com
Skype: Opisas