Alessandro Manzoni (1785 – 1873), scrittore e poeta drammaturgico italiano, è considerato uno dei maggiori romanzieri italiani di tutti i tempi per il suo celebre romanzo “I promessi sposi”. Nicolò Zocco (Palazzolo Acreide 1844 - Trecastagni 1880) nel 1866 si laurea in legge con una Tesi dal titolo “Nozioni del reato sue condizioni e contingenza del reato” ottenendo il massimo dei voti con “laude”. Tra le sue opere più importanti “Palazzolo. Notizie Storiche” che mi ha permesso di notare drammi e similitudini con “I Promessi sposi” di Manzoni. In entrambe le opere s’intravedeva nella disperazione più cupa la speranza dell’intervento della Divina Provvidenza, la concezione della fede e della divinità, che con il suo intervento salvifico riconduce l’uomo alla sua esperienza di nascita, vecchiaia e morte, dando il senso divino all’esperienza terrena umana. Nicolò aveva ricevuto un’educazione rigidamente cattolica ma l’aveva approfondita con i suoi studi sui sistemi filosofici e storici, ravvisandone i limiti, solo spirito o solo materia, e l’inconciliabilità fra essi. Alessandro Manzoni si collega con Nicolò Zocco seguendo una metodologia di conoscenza epistemologica, che ha nel metodo storico e nella concezione della filosofia e della fede, i suoi denominatori comuni. Un dato interessante lega i due autori, l’Accademia del Progresso, un’Associazione culturale fondata a Palazzolo Acreide nel 1868 da Nicolò Zocco e di cui Alessandro Manzoni ne era socio onorario.
Un altro tema che collega i due personaggi è quello della giustizia: Nicolò, in “Fondamenti e limiti del diritto di punire”, analizza le due branche di diritto penale e giuridico, ripercorrendo le idee di Romagnosi e Rosseau, notando la mancanza della concezione morale della fede che permea tutto, mentre Alessandro in “Storia della Colonna infame” tende a rappresentare una raccolta di banalità del male, in cui sono contenute tutte le iniquità umane, tortura, pubblico ludibrio, delazione, bisogno di dare vita a un colpevole in modo tale da creare una catarsi liberatoria della città dal morbo che la affliggeva. Manzoni si sente molto vicino empaticamente alle vittime, osserva che, quando l’uomo ha dimenticato il senso della giustizia allontanandosi da Dio, avvengono questi orrori. Il presente lavoro non può certamente essere esaustivo, tanta è la complessità manzoniana e tanti sentieri devono ancora essere scoperti in Zocco, ma vuol, con molta umiltà, tracciare un piccolo solco di ricerca che consentirà di proseguire nello studio comparativo dei due autori.
L’indagine svolta mira a creare un sentiero analitico e dialogico sui temi in comune che possedevano i due letterati, indagando il rapporto esistente con il metodo analitico riguardo il fare storia e il fare letteratura, analizzando e raffrontando i nuclei dei problemi centrali presentì nella loro produzione, la storia, la fede, la giustizia. Due grandi concezioni della storia: la grande storia, narrata con metodologia epistemica erudita dallo scrittore lombardo, e la narrazione storica, che ha origine da una metodologia tipica della storia municipalistica, dello studioso palazzolese. L’ ipotetico dialogo, nasce tramite le analisi delle opere e le radici illuministiche dei due scrittori. Per ambedue gli scrittori, i lumi vengono analizzati attraverso il binomio fede e ragione, lontani dal positivismo che diviene oggetto di critica nell’opera di Zocco. Zocco scriverà “Sulle conseguenze religiose etiche sociali dei tre sistemi di filosofia, il materialismo, il razionalismo e il panteismo”, sui tre sistemi, elaborando una serie di riflessioni che culmineranno nella diade Ragione e Rivelazione, intesa come Fede.
Un altro tema che collega i due personaggi è quello della giustizia: Nicolò, in “Fondamenti e limiti del diritto di punire”, analizza le due branche di diritto penale e giuridico, ripercorrendo le idee di Romagnosi e Rosseau, notando la mancanza della concezione morale della fede che permea tutto, mentre Alessandro in “Storia della Colonna infame” tende a rappresentare una raccolta di banalità del male, in cui sono contenute tutte le iniquità umane, tortura, pubblico ludibrio, delazione, bisogno di dare vita a un colpevole in modo tale da creare una catarsi liberatoria della città dal morbo che la affliggeva. Manzoni si sente molto vicino empaticamente alle vittime, osserva che, quando l’uomo ha dimenticato il senso della giustizia allontanandosi da Dio, avvengono questi orrori. Il presente lavoro non può certamente essere esaustivo, tanta è la complessità manzoniana e tanti sentieri devono ancora essere scoperti in Zocco, ma vuol, con molta umiltà, tracciare un piccolo solco di ricerca che consentirà di proseguire nello studio comparativo dei due autori.